Per quanto riguarda la riperfusione endovascolare nei pazienti con ictus, il tempismo è essenziale. I pazienti di uno studio con un’arteria occlusa che sono stati trattati con il sistema Solitaire entro 120 minuti dalla comparsa dei sintomi sono andati incontro ad una possibilità superiore all’80% di esiti non disabilitanti, definiti come un valore alla scala Rankin modificata compreso fra 0 e 2 dopo 3 mesi.
Secondo Sunil Sheth dell’Università della California, autore dello studio che ha coperto 202 pazienti, anche un ritardo di pochi minuti potrebbe cambiare la vita del paziente. E’ stato riscontrato che per ogni ritardo di 5 minuti nell’ottenimento della riperfusione, ossia nella riapertura del vaso ematico, un paziente su 100 va incontro ad esiti peggiori, e questi esiti potrebbero fare la differenza fra il camminare in modo indipendente e la necessità di un deambulatore. Alcuni esperti confermano che lo stesso intervento praticato più rapidamente sullo stesso paziente potrebbe conseguire un effetto drammatico sugli esiti neurologici.
Osservare l’efficacia dei dispositivi impiegati suddividendo i pazienti in base alla tempistica di riperfusione rappresenta un metodo di valutazione degli esiti neurologici di gran lunga più efficace della semplice constatazione che gli esiti in questione siano semplicemente “buoni” o “cattivi”. Diverse ricerche hanno accertato che i pazienti trattati con il sistema Solitaire vanno incontro ad esiti migliori rispetto agli altri, ma in base al presente studio gli esiti sono ancora migliori se l’intervento viene praticato più tempestivamente. (Ann Neurol online 2015, pubblicato il 17/8)
Fonte: Neuroscienze & patologie neurodegenerative